Che cos’è la necrosi cefalica?

La necrosi avascolare cefalica (o necrosi ischemica della testa del femore) è una mallattia molto simile all’infarto miocardico, con la differenza che viene colpita la testa femorale.

Per motivi ancora non perfettamente noti, una parte più o meno estesa della testa femorale non riceve più un’adegauata perfusione sanguigna (ischemia), e alla fine il tessuto osseo ischemico perde la propria vitalità (necrosi).

La porzione non vitale della testa, solitamente localizzata al polo superiore, va incontro a una progressiva deformazione sotto carico, fino a portare ad un appiattimento polare che prelude ad un’inevitabile coxrtrosi.

Chi ne è colpito e quali sono le cause?

La necrosi primitiva (o idiopatica) colpisce in genere soggetti adulti di mezza età (40-50 anni), più spesso di sesso maschile. L’abuso di alcol, il sovrappeso, l’iperuricemia, le dislipidemie (colesterolo e trigliceridi alti), il diabete mellito sono i principali fattori di rischio.

Come anche per altre patologie, esistono poi le forme secondarie ad una condizione morbosa pre-esistente: una frattura del collo femorale, una frattura-lussazione dell’acetabolo, una terapia cortisonica protratta, una radioterapia locale ad alte dosi o infine un’embolia gassosa (malattia da decompressione). In questi casi l’epidemiologia è molto più varia e non è possibile identificare un’età o un sesso a maggior rischio.

Come si manifesta la necrosi cefalica?

La necrosi, come peraltro anche l’altra malattia ischemica per eccellenza, l’infarto miocardico, si manifesta con un dolore intenso, inguinale e talvolta gluteo.

Sebbene sia esacerbato dal carico e dal movimento, esso è spesso presente anche a riposo. Nelle fasi iniziali non comporta limitazioni dell’articolarità, che possono invece subentrare in seguito all’instaurarsi di un’artrosi secondaria.

L’esordio è in genere piuttosto brusco, a differenza delle malattie degenerative.

Quali esami sono utili?

Quando l’anca è dolente (coxalgia), la prima indagine da eseguire è una radiografia standard. Essa permette di escludere la maggior parte delle diagnosi. Purtroppo, nelle fasi iniziali della necrosi la radiografia tradizionale può essere perfettamente negativa, poichè non si sono ancora verificate quelle alterazioni morfologiche che caratterizzano gli stadi ultimi.

Quindi, se un paziente coxalgico rientra in una delle categorie di rischio sopra ricordate ma ha una “lastra” perfettamente normale, è opportuno eseguire una RMN (risonanza magnetica). Questo esame, costoso e quindi da riservarsi solo ai casi in cui la radiografia non è conclusiva, permette di identificare la lesione necrotica prima che questa determini le alterazioni morfologiche visibili sulle radiografie.

Nella necrosi avanzate il ricorso alla RMN è inutile: la “lastra” tradizionale è più che sufficiente.

Come si cura la necrosi cefalica?

Solo la necrosi iniziale offre speranze di guarigione. Infatti, una volta che la testa femorale si sia appiattita, la situazione evolve irreversibilmente verso l’artrosi. Questo significa che se la testa femorale è ancora sferica, c’è la possibilità di mettere in atto procedure chirurgiche di salvataggio, altrimenti no.

Queste procedure vanno dal complesso trapianto microchirurgico di un segmento del perone al più semplice intervento di decompressione della testa femorale. Il primo intervento mira a riportare la vascolarizzazione arteriosa nella testa femorale, il secondo a facilitarne il drenaggio venoso. In entrambi, l’obiettivo ultimo è ripristinare la circolazione nell’area ischemica. La scelta dipende in gran parte dalla personale esperienza del chirurgo e dalla collaborazione del paziente (il trapianto di perone comporta un maggior tasso di complicanze ed un decorso postoperatorio più lungo e disagevole). E’ bene precisare che nessuno degli interventi disponibili è in grado di garantire la guarigione, ma le probabilità sono tanto maggiori quanto più precoce è il trattamento. L’associazione di questi trattamenti ad “adiuvanti biotecnologici”, quali i fattori di crescita e il concentrato midollare (ricco di cellule staminali), costitutisce una strategia promettente, anche se al momento le evidenze scientifiche a riguardo sono ancora limitate.

In stadi precocissimi, quando solo la risonanza magnetica permette di riconoscere la lesione, se il paziente è riluttante a sottoporsi ad un intervento chirurgico, è possibile tentare la strada del trattamento conservativo: restrizione del carico deambulatorio con 2 stampelle, terapia farmacologica con difosfonati (solitamente somminitrati per via parenterale), monitoraggio clinico-radiologico.

Se la testa femorale è deformata e l’artrosi è già riscontrabile, la protesi costituisce l’unica soluzione efficace. Poichè questi pazienti sono solitamente più giovani rispetto a quelli affetti da coxartrosi primitiva, l’impiego di protesi conservative e/o di accoppiamenti a bassissima usura è altamente raccomandato.

Bibliografia:
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